giovedì 14 marzo 2013

ChiediLo alla Tata... parliamo di Rabbia, l'emozione che aiuta a crescere

La rabbia è una delle emozioni fondamentali dell’animo umano, serve per imparare ad accettare la mancata realizzazione di un desiderio, serve a capire che non sempre si può avere tutto.

Dopo la tempesta arriva la quiete, ovvero dopo la sperimentazione della rabbia si può ritrovare l’equilibrio. Questa dinamica: frustrazione per la mancata realizzazione di un desiderio ed equilibrio per accettazione della rinuncia, è fondamentale nella crescita della persona. Non possiamo preservare i bambini dallo sperimentare la rabbia che viene da un no. Perché quella rabbia e il senso di frustrazione che ne deriva sono la spinta per ricercare un nuovo equilibrio, per imparare a rinunciare. In primis il bambino molto piccolo sperimenta di non essere onnipotente, e questo è il primo tassello per la sua identità: se io non posso tutto, definisco, delineo ciò che posso, quindi ciò che sono.

Capite il perché è importante per un bambino (e per un adulto) arrabbiarsi bene.

Culturalmente, nella società del controllo, e dell’autocontrollo, è passato il messaggio che non bisogna arrabbiarsi. Quante volte usiamo con gli altri questa frase… “Non devi arrabbiarti per queste cose…” addirittura: “Hai sbagliato ad arrabbiarti perché hai torto…”

L’emozione non ha torto né ragione, ma ha ragione di esistere. Per cui, prima di tutto legittimiamo le emozioni, anche le più negative. Accettiamole ed esprimiamole.

Il punto è: Come esprimere un’emozione che a volte, soprattutto nei bambini molto piccoli arriva ad essere distruttiva?

I bambini si esprimono attraverso il corpo, solo dopo, quando imparano il linguaggio e soprattutto quando riescono a tradurre con le parole le loro emozioni, possono imparare ad esprimerle verbalmente e contenerle fisicamente. Ma è un passaggio che avviene nel tempo…, con l’aumentare della propria coscienza e conoscenza emotiva:

1) Usiamo il linguaggio delle emozioni, parliamo ai bambini, fin dalla loro più tenera età, delle nostre emozioni, differenziandole. La vita emotiva di una persona non è divisa in 2 grandi categorie: stare bene – stare male. Impariamo a chiamare le cose col loro nome, aiuterà noi e i nostri figli a comunicare in modo autentico: mi sento arrabbiato, in collera, frustrato, triste, abbattuto, deluso… (ecc)

Non diciamo: "mi hai fatto arrabbiare, mi hai deluso…"

E’ importante che ognuno si prenda la responsabilità delle proprie emozioni. Se notate, quello che di vostro figlio fa arrabbiare vostro marito non è ciò che fa arrabbiare voi. Di fronte ad una bugia, ad esempio, si hanno reazioni diverse. Imparare a comunicarla cercando le parole giuste, dà il vocabolario da usare anche ai vostri figli.

2) Per quanto riguarda la rabbia dei bambini, soprattutto se sono piccoli (2- 3 – 4 – 5 anni) aiutiamoli prima di tutto, prima ancora di verbalizzarla, a sfogarla, buttarla fuori. Scegliete un modo che non crei danni a cose o a persone: calciare un pallone, rompere un foglio, schiacciare dei pennarelli scarichi su un foglio. Anche i bambini tranquilli si arrabbiano, trovare una modalità fisica che aiuti a trasformare quell’emozione trattenuta in azione. Un’azione decisa insieme ed agita solo quando si è arrabbiati, non per gioco. Costruiamo insieme l’angolo della rabbia: uno spazio scelto insieme ai bambini, in un momento di tranquillità, lontani dalla frustrazione; quando il bambino sente l’emozione salire, lo si prende per mano e si va lì, nell’angolo della rabbia per scaricarla in quei modi decisi insieme. Diamo la sensazione ai bambini, specie quelli che faticano a controllare la loro aggressività, che c’è uno spazio dove posso mettere le emozioni che altrimenti sarebbero dannose.

3) Rappresentarla, significa dire che il foglio rotto, il pennarello scarico schiacciato sul foglio, il pallone scoppiato, il disegno del calcio dato ad un pallone addosso ad una parete, queste cose sono la mia rabbia che deve uscire da me per non farmi male e allo stesso tempo non devono fare male agli altri quando escono.

4) Dopo che abbiamo sfogato la rabbia e l’abbiamo chiamata per nome, senza delegittimarla o sminuirla (non devi arrabbiarti per queste cose, hai sbagliato ad arrabbiarti, perche non hai ragione), l’emozione va Compresa, cioè accolta: “Capisco che ti sei arrabbiato e ora che l’hai capito anche tu e ti sei/ci siamo calmati, possiamo mettere la”Cosa” dentro la scatola della rabbia”. Una scatola scelta insieme in un momento sereno, lontano dalla negatività, uno strumento che so essermi d’aiuto quando devo mettere via, passare oltre.

5) In un momento successivo, quando siamo sicuri che l’emozione è  sotto controllo, parliamo delle ragioni, delle cause della situazione che ha portato alla rabbia. Più il bambino è piccolo, minore sarà il tempo intercorso tra il suo sfogo e l’intervento dell’adulto per risolvere il problema. Perché quando ci si arrabbia, c’è sempre un conflitto da risolvere, una situazione che chiede giustizia. Ma è importante, quando si sta affrontando il momento di rabbia, non prendere le difese di nessuno, per esempio del più calmo, di quello che sta subendo la rabbia dell’altro. E’ facile, quando ci si arrabbia, passare dalla parte del torto, quindi meglio attendere la calma per analizzare la situazione e fare giustizia.

Durante il laboratorio sulla rabbia lunedì 25 marzo a Brugine costruiremo la scatola della rabbia.
Continuo a rispondere alle vostre domande ...
 

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