Dopo la tempesta
arriva la quiete, ovvero dopo la sperimentazione della rabbia si può ritrovare l’equilibrio.
Questa dinamica: frustrazione per la mancata realizzazione di un desiderio ed
equilibrio per accettazione della rinuncia, è fondamentale nella crescita della
persona. Non possiamo preservare i bambini dallo sperimentare la rabbia che
viene da un no. Perché quella rabbia e il senso di frustrazione che ne deriva
sono la spinta per ricercare un nuovo equilibrio, per imparare a rinunciare. In
primis il bambino molto piccolo sperimenta di non essere onnipotente, e questo
è il primo tassello per la sua identità:
se io non posso tutto, definisco, delineo ciò che posso, quindi ciò che sono.
Capite il perché è
importante per un bambino (e per un adulto) arrabbiarsi bene.
Culturalmente,
nella società del controllo, e dell’autocontrollo, è passato il messaggio che
non bisogna arrabbiarsi. Quante volte usiamo con gli altri questa frase… “Non
devi arrabbiarti per queste cose…” addirittura: “Hai sbagliato ad arrabbiarti
perché hai torto…”
L’emozione non ha
torto né ragione, ma ha ragione di esistere. Per cui, prima di tutto
legittimiamo le emozioni, anche le più negative. Accettiamole ed esprimiamole.
Il punto è: Come
esprimere un’emozione che a volte, soprattutto nei bambini molto piccoli arriva
ad essere distruttiva?
I bambini si
esprimono attraverso il corpo, solo dopo, quando imparano il linguaggio e
soprattutto quando riescono a tradurre con le parole le loro emozioni, possono
imparare ad esprimerle verbalmente e contenerle fisicamente. Ma è un passaggio
che avviene nel tempo…, con l’aumentare della propria coscienza e conoscenza
emotiva:
1) Usiamo il linguaggio delle
emozioni, parliamo ai bambini, fin dalla loro più tenera età, delle nostre
emozioni, differenziandole. La vita emotiva di una persona non è divisa in 2
grandi categorie: stare bene – stare male. Impariamo a chiamare le cose col
loro nome, aiuterà noi e i nostri figli a comunicare in modo autentico: mi sento
arrabbiato, in collera, frustrato, triste, abbattuto, deluso… (ecc)
Non diciamo: "mi hai fatto arrabbiare, mi hai deluso…"
E’ importante che ognuno si prenda la responsabilità delle proprie
emozioni. Se notate, quello che di vostro figlio fa arrabbiare vostro marito non
è ciò che fa arrabbiare voi. Di fronte ad una bugia, ad esempio, si hanno
reazioni diverse. Imparare a comunicarla cercando le parole giuste, dà il
vocabolario da usare anche ai vostri figli.
2) Per quanto
riguarda la rabbia dei bambini, soprattutto se sono piccoli (2- 3 – 4 – 5 anni)
aiutiamoli prima di tutto, prima ancora di verbalizzarla, a sfogarla, buttarla fuori.
Scegliete un modo che non crei danni a cose o a persone: calciare un pallone,
rompere un foglio, schiacciare dei pennarelli scarichi su un foglio. Anche i
bambini tranquilli si arrabbiano, trovare una modalità fisica che aiuti a trasformare
quell’emozione trattenuta in azione. Un’azione decisa insieme ed agita solo
quando si è arrabbiati, non per gioco. Costruiamo insieme l’angolo della
rabbia: uno spazio scelto insieme ai bambini, in un momento di tranquillità,
lontani dalla frustrazione; quando il bambino sente l’emozione salire, lo si
prende per mano e si va lì, nell’angolo della rabbia per scaricarla in quei
modi decisi insieme. Diamo la sensazione ai bambini, specie quelli che faticano
a controllare la loro aggressività, che c’è uno spazio dove posso mettere le
emozioni che altrimenti sarebbero dannose.
3) Rappresentarla, significa dire che il
foglio rotto, il pennarello scarico schiacciato sul foglio, il pallone
scoppiato, il disegno del calcio dato ad un pallone addosso ad una parete, queste cose sono la mia rabbia che deve
uscire da me per non farmi male e allo stesso tempo non devono fare male agli
altri quando escono.
4) Dopo che abbiamo
sfogato la rabbia e l’abbiamo chiamata per nome, senza delegittimarla o
sminuirla (non devi arrabbiarti per queste cose, hai sbagliato ad arrabbiarti,
perche non hai ragione), l’emozione
va Compresa, cioè accolta: “Capisco che ti sei arrabbiato e ora che l’hai
capito anche tu e ti sei/ci siamo calmati, possiamo mettere la”Cosa” dentro la scatola della rabbia”. Una scatola
scelta insieme in un momento sereno, lontano dalla negatività, uno strumento
che so essermi d’aiuto quando devo mettere via, passare oltre.
5) In un momento
successivo, quando siamo sicuri che l’emozione è sotto controllo, parliamo delle ragioni, delle cause della situazione che ha portato
alla rabbia. Più il bambino è piccolo, minore sarà il tempo intercorso tra il
suo sfogo e l’intervento dell’adulto per risolvere il problema. Perché quando
ci si arrabbia, c’è sempre un conflitto da risolvere, una situazione che chiede
giustizia. Ma è importante, quando si sta affrontando il momento di rabbia, non
prendere le difese di nessuno, per esempio del più calmo, di quello che sta
subendo la rabbia dell’altro. E’ facile, quando ci si arrabbia, passare dalla
parte del torto, quindi meglio attendere la calma per analizzare la situazione
e fare giustizia.
Durante il laboratorio
sulla rabbia lunedì 25 marzo a Brugine costruiremo la scatola della rabbia.
Continuo a rispondere alle vostre domande ...
Nessun commento:
Posta un commento